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diritto del lavoro

Consiglio e Parlamento raggiungono un accordo per vietare i prodotti realizzati con il lavoro forzato

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Il Consiglio europeo e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul regolamento che vieta sul mercato comunitario i prodotti realizzati mediante lavoro forzato. L'accordo provvisorio raggiunto oggi tra i due colegislatori sostiene l'obiettivo principale della proposta di vietare l'immissione e la messa a disposizione sul mercato dell'UE, o l'esportazione dal mercato dell'UE, di qualsiasi prodotto realizzato utilizzando il lavoro forzato. L'accordo introduce modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilità della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale.

"È spaventoso che nel 21° secolo la schiavitù e il lavoro forzato esistano ancora nel mondo. Questo crimine odioso deve essere sradicato e il primo passo per raggiungere questo obiettivo consiste nel rompere il modello di business delle aziende che sfruttano i lavoratori. Con questo regolamento, noi vogliono assicurarsi che non ci sia posto per i loro prodotti nel nostro mercato unico, siano essi fabbricati in Europa o all'estero."
Pierre-Yves Dermagne, vice primo ministro belga e ministro dell'Economia e dell'Occupazione

La banca dati delle aree e dei prodotti a rischio di lavoro forzato

I colegislatori hanno concordato che, per facilitare l’attuazione di questo regolamento, la Commissione istituirà una banca dati contenente informazioni verificabili e regolarmente aggiornate sui rischi del lavoro forzato, comprese le relazioni delle organizzazioni internazionali (come l’Organizzazione internazionale del lavoro). La banca dati dovrebbe supportare il lavoro della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel valutare possibili violazioni di questo regolamento.

Approccio basato sul rischio

L'accordo provvisorio stabilisce criteri chiari che la Commissione e le autorità nazionali competenti dovranno applicare nel valutare la probabilità di violazioni del presente regolamento. Questi criteri sono:

  • la portata e la gravità del presunto lavoro forzato, compreso se il lavoro forzato imposto dallo Stato possa costituire motivo di preoccupazione
  • la quantità o il volume dei prodotti immessi o resi disponibili sul mercato dell'Unione
  • la quota delle parti del prodotto che potrebbero essere realizzate con il lavoro forzato nel prodotto finale
  • la vicinanza degli operatori economici ai presunti rischi del lavoro forzato nella loro catena di approvvigionamento e la loro influenza per affrontarli

La Commissione pubblicherà linee guida per gli operatori economici e le autorità competenti per aiutarli a conformarsi ai requisiti del presente regolamento, comprese le migliori pratiche per porre fine e porre rimedio a diversi tipi di lavoro forzato. Queste linee guida includeranno anche misure di accompagnamento per le micro, piccole e medie imprese, che potranno essere disponibili attraverso il Portale Unico del Lavoro Forzato.

Chi guiderà le indagini?

L'accordo raggiunto dai due colegislatori stabilisce i criteri per determinare quale autorità dovrà condurre le indagini. La Commissione condurrà le indagini al di fuori del territorio dell’UE. Se i rischi si trovano nel territorio di uno Stato membro, l'autorità competente di quello Stato membro condurrà le indagini. Se le autorità competenti, nel valutare la probabilità di violazioni di questo regolamento, trovano nuove informazioni sul sospetto lavoro forzato, devono informare l’autorità competente degli altri Stati membri, a condizione che il sospetto lavoro forzato abbia luogo nel territorio di quello Stato membro. . Allo stesso modo, devono informare la Commissione se il sospetto lavoro forzato avviene al di fuori dell’UE.

L'accordo raggiunto oggi garantisce che gli operatori economici possano essere ascoltati in tutte le fasi dell'indagine, a seconda dei casi. Garantisce inoltre che vengano prese in considerazione anche altre informazioni pertinenti.

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Decisioni finali

La decisione finale (cioè vietare, ritirare e smaltire un prodotto realizzato con lavoro forzato) sarà presa dall'autorità che ha condotto l'indagine. La decisione presa da un'autorità nazionale si applicherà in tutti gli altri Stati membri sulla base del principio del reciproco riconoscimento.

Nei casi di rischi di fornitura di prodotti critici realizzati con lavoro forzato, l'autorità competente può decidere di non imporne lo smaltimento e ordinare invece all'operatore economico di trattenere il prodotto finché non possa dimostrare che non vi è più lavoro forzato nelle sue operazioni o nei rispettivi catene di approvvigionamento.

L'accordo provvisorio chiarisce che, se una parte del prodotto risultata in violazione di tale norma è sostituibile, l'ordine di smaltimento si applica solo alla parte interessata. Ad esempio, se una parte di un’auto è prodotta con lavoro forzato, dovrà essere smaltita quella parte, ma non l’intera vettura. La casa automobilistica dovrà trovare un nuovo fornitore per quella parte o assicurarsi che non sia realizzata con lavoro forzato. Tuttavia, se i pomodori utilizzati per fare una salsa vengono prodotti utilizzando il lavoro forzato, tutta la salsa dovrà essere smaltita.

Prossimi passi

L'accordo provvisorio raggiunto con il Parlamento europeo deve ora essere approvato e adottato formalmente da entrambe le istituzioni.

sfondo

Circa 27.6 milioni di persone sono costrette al lavoro forzato in tutto il mondo, in molti settori e in ogni continente. La maggior parte del lavoro forzato avviene nel settore privato, mentre una parte è imposta dalle autorità pubbliche.

Il 14 settembre 2022 la Commissione ha proposto il regolamento per vietare i prodotti realizzati mediante lavoro forzato nell'UE. Il Consiglio ha adottato la sua posizione negoziale il 26 gennaio 2024.

Proposta della Commissione

Accordo generale/mandato negoziale del Consiglio

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EU Reporter pubblica articoli da una varietà di fonti esterne che esprimono un'ampia gamma di punti di vista. Le posizioni assunte in questi articoli non sono necessariamente quelle di EU Reporter.

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