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Ambiente

Delfini morti sulle spiagge russe mentre si intensifica il disastro petrolifero del Mar Nero

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A metà dicembre 2024, due petroliere russe con a bordo oltre 9,200 tonnellate di olio combustibile affondarono nello Stretto di Kerch durante una violenta tempesta. Circa 4,000 tonnellate si riversarono nel Mar Nero. Nel giro di poche settimane, la chiazza si estese su vaste fasce costiere, dalla Crimea alla Georgia, lasciando dietro di sé spiagge annerite e una fauna marina avvelenata.

La situazione rimane particolarmente grave nella regione russa di Krasnodar. Il 22 aprile 2025, i volontari ambientalisti impegnati nella pulizia delle spiagge vicino ad Anapa hanno segnalato la presenza di nuovi depositi di petrolio e la morte di tre delfini ritrovati sulla spiaggia. La scoperta è stata condivisa dall'ecologista Zhora Kavanosyan sui social media, suscitando nuova preoccupazione per il costo ecologico della fuoriuscita.

A differenza del petrolio greggio, che forma sottili pellicole superficiali, l'olio combustibile in acqua fredda si coagula in grumi densi, alcuni dei quali affondano sul fondale marino. Queste masse simili a catrame sono molto più difficili da rimuovere e spesso percorrono grandi distanze sotto l'azione delle onde e del vento.

Secondo Dmitry Markin, esperto di Greenpeace per l'Europa centrale e orientale, il danno principale si verifica sotto la superficie, a molluschi, alghe e altri organismi bentonici che costituiscono la base alimentare dei pesci. Attraverso i pesci, le tossine si accumulano nei predatori più grandi, tra cui delfini, uccelli e, infine, negli esseri umani.

Sono iniziati i procedimenti legali. Il principale ente di regolamentazione ambientale russo, il Servizio Federale per la Supervisione dell'Uso delle Risorse Naturali, ha intentato cause legali contro due società ritenute responsabili dell'incidente. Il risarcimento danni complessivo richiesto ammonta a 84.9 miliardi di rubli (circa 930 milioni di dollari). Resta da vedere se le agenzie ambientali russe riusciranno a far rispettare le responsabilità. Ad oggi, la Russia ha avuto pochi precedenti di accordi finanziari su larga scala in casi di inquinamento marino.

A titolo di paragone, la fuoriuscita di gasolio artico del 2020 nella città di Norilsk ha portato alla dichiarazione di stato di emergenza federale e all'imposizione di una multa record a Norilsk Nickel. L'azienda, a sua volta, ha intrapreso un massiccio intervento di bonifica, che ha previsto il ripristino del fiume e la decontaminazione del suolo, una delle risposte ambientali più ambiziose nella storia russa.

Al contrario, il disastro del Mar Nero si è svolto con scarsa visibilità pubblica, al di fuori delle segnalazioni dei volontari. Mentre sono in corso le cause legali, gli sforzi di bonifica si basano ancora in larga misura sulle iniziative della società civile. Gli osservatori internazionali avvertono che, se non contenuta, la macchia di olio combustibile potrebbe raggiungere le coste di Romania, Bulgaria o Turchia.

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Per ora, sono i volontari, non i mezzi pesanti, a raschiare il petrolio dalla sabbia. E i delfini continuano ad arrivare a riva.

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